Cosa sono i PFAS ?

 

    • Fermare la produzione dei PFAS
    • Bonificare acque e terre inquinate da questi inquinanti
    • Vietarne l’importazione e l’uso
    • Cercare i Pfas nei corpi degli esseri viventi
    1. Cosa sono i Pfas. Sono composti contenenti carbonio e fluoro, non presenti in natura, creati artificialmente dall’uomo e caratterizzati da una durata nel tempo estremamenta lunga. Essendo praticamente eterni essi si accumulano nella terra e nell’acqua. E poi negli esseri viventi tramite quanto viene respirato, bevuto, mangiato. E poi nei neonati, direttamente dalle loro madri. Un progressivo accumulo che lascia una situazione via via più drammatica alle future generazioni. Vi sono migliaia di tipi di Pfas e in Italia la loro produzione è associata al Veneto con la Miteni (Mitsubishi-Eni, chiusa) e al comune di Alessandria (prima Montedison e poi Solvay, in piena attività). Ma l’inquinamento si è allargato ad altre regioni per gravi insufficienze nei controlli da parte degli enti preposti.
      Pericolo PFAS
    2. Effetti sulla salute. Attualmente l’attenzione è concentrata sui sistemi di regolazione ormonale e relative patologie, sull’insorgenza di patologie cardio-vascolari, sui tumori al testicolo e al rene, sulla sterilità e altro ancora. Ma va detto che, benché prodotti da almeno 50 anni, solo dopo un convegno del novembre 2023 il Pfoa è stato dichiarato sicuramente cancerogeno e il Pfos probabilmente cancerogeno. Perché tale ritardo? Quante morti ha provocato? Può essere ammissibile un simile ritardo per le migliaia di diversi tipi di Pfas apparsi successivamente?
    3. Indagini in corso. Per quanto riguarda i Pfas le acque distribuite al consumo vengono analizzate a scopo preventivo in pochissime Regioni italiane. Nelle zone di produzione dei Pfas (in Veneto e in Piemonte) analisi sistematiche delle acque e un piano di sorveglianza sanitaria della popolazione sono in corso da pochissimo tempo. Alcune analisi stanno cominciando a realizzarsi anche in altre regioni, a partire da Lombardia e Toscana. L’Istituto di Ricerca sulle Acque (IRSA) del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) sta monitorando da anni gli ecosistemi acquatici alla ricerca delle sorgenti di contaminazione, in particolare nella Pianura Padana. Greenpeace recentemente ha lanciato una campagna di raccolta di campioni di acque per la ricerca di Pfas anche in altre zone del paese. Attualmente la normativa in vigore non prevede il controllo di questi composti nell’acqua potabile. Una direttiva europea recepita con D.L n.18 del 2/02/2023 introduce una soglia, a partire dal 2026, di 100 ng/L (nanogrammi/litro) per una somma di diversi Pfas, dove 1 ng/L significa 1 miliardesimo di grammo per ogni litro di acqua (ovvero una quantità così piccola da far fatica ad immaginarla). Ma essendo riferita alla somma di una ventina di diversi Pfas tra cui il cangerogeno Pfoa, 100 ng/L diventa carta straccia dopo la successiva uscita (aprile 2024) della normativa statunitense che fissa, ad esempio, a soli 4 ng/L il limite del Pfoa. Questo perché nella normativa europea il Pfoa potrebbe impunemente arrivare a 99 ng/L. Per questo alcuni paesi UE hanno scelto di abbassare notevolmente il limite europeo. Non si può comunque ignorare che nulla viene detto sulle altre migliaia di “nuovi” Pfas. E sopratutto non si può tacere sulla possibilità che, grazie ai brevetti sui loro prodotti, chi produce Pfas possa riuscire a fare ottimi profitti anche vendendo agli enti preposti al controllo i componenti, a loro volta coperti da brevetto, necessari a fare tali controlli. Ottenendo anche, come ulteriore risultato, di porre un freno ai controlli stessi rendendoli più costosi.